Riflessioni sulla coazione a ripetere
Freud introduce il concetto di coazione a ripetere nello scritto “Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi” (Opere, Vol.VII – Bollati Boringhieri – Torino 1975) del 1914, nel quale scrive che “ Il paziente non ricorda assolutamente nulla degli elementi che ha dimenticato e rimosso e che egli piuttosto li mette in atto… Egli riproduce quegli elementi non sotto forma di ricordi ma sotto forma di azioni, li ripete senza rendersene conto … la stessa traslazione rappresenta un elemento della ripetizione e la ripetizione è la traslazione del passato dimenticato, non soltanto sulla persona del medico, ma su tutti gli altri ambiti della situazione attuale “. Fu in particolare la constatazione che il paziente ricrea e ripete esperienze spiacevoli del passato, apparentemente in forma compulsiva, a stimolare in Freud l’idea dell’esistenza di una “pulsione di morte” che esporrà nel 1920 nello scritto “ Al di là del principio del piacere” ( Opere vol. IX Bollati Boringhieri – Torino 1977).
Il concetto di “pulsione di morte” sarà oggetto di numerose discussioni e riconsiderazioni e mi limiterò a riportare qui quanto scritto da Kernberg in “ Odio, rabbia , violenza e narcisismo” ( Astrolabio 2020).
Kernberg scrive :” possiamo parlare quindi della pulsione di morte come un concetto utile nella pratica clinica per raccogliere i casi più gravi di disturbo della personalità ma non come di una pulsione innata, cosa che per altro vale anche per la libido” .
La coazione a ripetere rientra tra le esperienze di relazioni aggressive per “ la tendenza dei pazienti a replicare all’infinito nel transfert un particolare tipo di rapporto molto pesante, aggressivo, ansiogeno e spaventoso, benché già chiarito ed elaborato abbondantemente nelle sedute “.
La teoria delle relazioni oggettuali modifica la visione freudiana classica del conflitto inconscio tra pulsioni e difese, introducendo l’idea che tanto l’impulso libidico quanto il meccanismo di difesa sono determinati da oggetti primitivi interiorizzati, legati da una particolare coloritura affettiva. L’impulso libidico è quindi caratterizzato da una rappresentazione primitiva di un sé ideale perfettamente appagato, legato ad un oggetto ideale perfettamente appagante, mentre quando il bisogno non viene soddisfattosi avrà una rappresentazione di un sé disperato e furioso legato ad un oggetto cattivo assente o frustrante. Quindi quando si attiva un’emozione negativa questa è sempre accompagnata dalla rappresentazione della relazione con un oggetto aggressivo e minaccioso che lo aggredisce.
A titolo esemplificativo riporto una situazione clinica in trattamento.
Paola (nome di fantasia) è una giovane donna sulla trentina, intelligente, laureata, sportiva che occupa una posizione di rilievo in un’azienda. Ha buoni rapporti con amiche che incontra regolarmente. Ha avuto alcune storie sentimentali, anche di lunga durata, tutte finite male, a suo dire, per comportamenti che definisce scorretti da parte dei partner. Dopo l’ultima storia finita male è preoccupata di essere vecchia e teme di non trovare una relazione stabile. Da circa tre anni ha iniziato una relazione molto conflittuale con un compagno del quale si dice innamorata ma che la fa molto soffrire perché lui sembra essere molto ambivalente nella relazione e i due attraversano periodi di ottima intesa alternati a periodi in cui lui “sembra sparire”: la ignora, non la cerca per settimane e i suoi tentativi di chiarire queste cose provocano in lui solo un’ulteriore chiusura e un ritirarsi offeso. Quando questo accade Paola diventa profondamente depressa, rabbiosa, disperata, si sente priva di ogni valore e ipercritica verso se stessa. Si accusa di essere la responsabile di questi abbandoni, addossandosi ogni responsabilità e diventando eccessivamente disponibile nei confronti del partner, anche se piena di rabbia. Successivamente, anche con l’aiuto della terapia, si riprende da questo stato: ricomincia a uscire con le amiche, torna ad impegnarsi al lavoro e recupera il senso del proprio valore, sembrando decisa ad interrompere definitivamente la relazione. Dopo qualche settimana però la riprende e dopo un paio di mesi si ritrova nella situazione decritta sopra, pur sembrando consapevole che i comportamenti del partner la fanno stare solo male. Questa dinamica si ripete per mesi in una sorta di coazione a ripetere dolorosa quanto ostinata.
In questa condizione l’affetto dominante è rappresentato dalla rabbia e dalla disperazione all’interno di una diade oggettuale che appare caratterizzata da una rappresentazione di sé come di una bambina implorante e bisognosa di riconoscimento e amore in relazione con un oggetto aggressivo, rifiutante e svalutante (persecutorio). Quando questa situazione migliora si assiste però ad un rovesciamento di ruoli, che vede Paola diventare ipercontrollante e rivendicativa, assumendo lei stessa il ruolo del persecutore e mantenendo in essere una costante scissione tra una visione idealizzata di sé e dell’altro che si alterna ad una visione persecutoria e svalutata sia di sé che dell’altro. Freud ha rilevato che la coazione a ripetere svela contenuti rimossi di relazioni del passato, dove il ricordare viene sostituito dal mettere in atto (ripetere) elementi dolorosi o comunque traumatici del passato, con l’intento di annullarli e dominarli, cercando disperatamente di trasformare in una vittoria quella che era stata un’umiliazione e una ferita narcisistica.
Durante il lavoro terapeutico inizia ad emergere maggiormente il rapporto della paziente con il proprio padre, nei confronti del quale dice di sentire un sottofondo di rabbia, che non sa bene spiegarsi, ma che sullo sfondo continua ad esserci. Lo descrive come brillante, colto e capace. Aggiunge che sa che lui le vuole bene ma anche che non la considera sufficientemente. Emerge con chiarezza che Paola si è impegnata moltissimo per poter essere ammirata da lui e in definitiva preferita alle sorelle, ma lamenta che il padre non le chiede mai di lei, di come sta e quando cerca di parlargli degli aspetti che non le piacciono della loro relazione lui se ne va offeso e risentito sentendosi vittima delle critiche di lei. Paola allora si sente in colpa per averlo ferito e di aver perso la possibilità di un rapporto speciale ed esclusivo con lui. La dinamica sembra del tutto sovrapponibile a quanto avviene con il fidanzato, con il quale sembra riattivarsi il transfert della relazione oggettuale avuta col padre, ambivalente e connotata da sentimenti aggressivi.
La coazione a ripetere in questo caso sembra finalizzata a mantenere l’idea, l’illusione di poter realizzare quel rapporto ideale con un oggetto totalmente buono e appagante e a difendere dal dolore e dall’umiliazione di non poterlo realizzare. La relazione oggettuale carica di aggressività sembra proteggere dal dolore di questa perdita e contemporaneamente mantiene viva la speranza e la volontà di ricongiungersi con un oggetto ideale, potremmo dire rinviando sine die il dolore di una più sana e realistica fase depressiva.
dott. Romolo Gadaldi e dott.ssa Susanna Brambilla
Image Credit- Getty Images/The Swaddle